Pillole: Sharī‛a

Legge rivelata, base del comportamento dell’individuo e della comunità dei credenti. Si esprime attraverso la formulazione di principi derivati dalla combinazione di fonti coraniche e consuetudinarie, tra cui: il Corano; la sunna (tradizione), costituita dal corpo di ḥadīth, tradizioni ritenute autentiche che riportano la vita e i detti del Profeta, e quelli dei suoi compagni; l’iǵmā‛ (consenso) della comunità, in base all’affermazione di Maometto che la comunità “non potrà mai essere concorde su un errore”; il  qiyās, principio analogico a cui si ricorre quando non sia possibile trovare esplicito riferimento nelle altre fonti per la soluzione di una questione.  Il fiqh (diritto positivo) comprende, oltre le pratiche religiose rituali, tutte le leggi che regolano la vita sociale e dello stato.

Per quello che riguarda lo statuto personale e il diritto di famiglia, la piena capacità giuridica spetta al maschio libero, pubere, sano di mente e di corpo, di buona condotta.  La donna invece non può fungere da giudice o fare da testimone per processi gravi; la testimonianza di due donne vale come quella di un uomo.  Il matrimonio è poliginico – il Corano fissa il numero massimo delle mogli a quattro, non è un sacramento, ma un contratto consensuale tra lo sposo e il wālī (rappresentante legale della sposa) e due testimoni.  Può essere sciolto per ripudio della moglie da parte del marito, per riscatto della donna dall’obbligo coniugale contro un compenso in denaro, per dichiarazione di nullità da parte del giudice.  Impedimenti al contratto sono uno stretto vincolo di sangue tra gli sposi e la diversità di religione.  Quasi tutte le scuole giuridiche ammettono il matrimonio di un musulmano con donne ebree o cristiane, ma non il contrario.

Nel diritto penale, i delitti si distinguono in base alle punizioni, che possono essere di tre specie: il taglione per l’omicidio volontario o involontario e le lesioni, questo può essere sostituito da una compensazione o “prezzo del sangue”, variabile da caso a caso; il castigo fissato dal Corano per i reati di apostasia, ribellione all’autorità, rapporti sessuali illeciti, calunnia, furto, brigantaggio, uso di bevande inebrianti; le pene lasciate alla discrezionalità del giudice, che però devono essere sempre inferiori al minimo di quelle corrispondenti nel Corano.

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