Il presidente del Perù, Pedro Pablo Kuczynski, ha presentato le dimissioni solo dopo diciannove mesi dall’investitura quinquennale, a motivo della sua implicazione in uno scandalo per corruzione con il gigante brasiliano delle costruzioni Odebrecht, le cui dimensioni continentali potrebbero provocare crisi in altri paesi latinoamericani. Kuczynski è accusato di aver ricevuto quasi 6 milioni di dollari da Odebrecht, attraverso società di consulenza, in una relazione decennale che include il periodo in cui era ministro dell’economia, circostanza reiteratamente negata(leggi anche Cento giorni di governo in Perù).
Le dimissioni sono arrivate, attraverso la televisione nazionale, alla vigilia della seconda votazione per impeachment in tre mesi, e a seguito del rilascio mediatico da parte di Fuerza Popular, partito di opposizione guidato da Keiko Fujimori, di video attestanti la compra-vendita di voti per evitare la sfiducia con la pesante argomentazione di “inidoneità morale permanente”. Kuczynski era sopravvissuto alla mozione dello scorso dicembre grazie all’appoggio della corrente di Kenji Fujimori, fratello minore di Keiko, e quest’ultimo appare nelle registrazioni, rivelando l’esistenza di un sistema ben oliato di prebende e favori nel settore dei lavori pubblici.
Conversiamo di questa fitta trama con Miguel Hilario, membro della nazione shipibo-konibo dell’Amazzonia peruviana e PhD in antropologia politica all’Università di Stanford. Hilario si era presentato come candidato alle presidenziali del 2016 vinte da Kuczynski.
MP: Il destino del Perù sembra non essere mai sfuggito dalle mani della famiglia Fujimori. L’esecutivo è rimasto ostaggio della maggioranza parlamentare di Keiko, poi parzialmente erosa dal fratello Kenji – da 71 a 59 deputati su un totale di 130, il quale si è convertito in un alleato chiave di Kuczynsky, salvandolo per la collottola al primo impeachment e ottenendo, solo alcuni giorni dopo, l’indulto per il padre Alberto. Fratello e sorella si accusano a vicenda; Kenji, è stato sospeso dal partito. Siamo alla fine del “fujimorismo” o si cela qualcosa dietro al telone?
MH: Dall’elezione di Alberto Fujimori nel 1990, il Perù è diventato terreno di saccheggio della famiglia nippo-peruviana. Il potere politico guadagnato dal capostipite, grazie al rifiuto massivo dei partiti di stampo tradizionale, si è negli anni tramutato in un ingente potere economico. I peruviani sono ipnotizzati dall’immoralità; altrimenti, nel 2016, la metà della nazione non avrebbe votato per Keiko, first lady dei governi del padre, uno dei premier più corrotti al mondo. Il populismo di estrema destra dei Fujimori si è trasfigurato nella religione mitica di classi meno abbienti ed élite finanziarie, politiche e mediatiche. E’ nelle zone povere, però, dove il voto di scambio tocca le necessità basiche della gente; un chilo di riso e cinquanta soles [13 euro, ndr] sono sufficienti per ottenere il favore elettorale, come il partito di Keiko insegna. La teatrale rottura tra sorella e fratello è calcolata e temporale. Si attende il rientro del pater familias che assumerà le vesti del conciliatore e di colui che ristabilisce l’ordine. Il fujimorismo terminerà solo quando in Perù sarà possibile credere nell’effettività di una politica non delinquenziale.
MP: Lo tsunami Odebrecht ha anche travolto gli ex-presidenti Ollanta Humala, in custodia preventiva, Alejandro Toledo, in attesa di estradizione dagli Stati Uniti, e Alan García, sul quale è aperta un’indagine giudiziaria, dopo che la compagnia ha dichiarato alla magistratura di aver pagato 29 milioni di dollari per accedere a opere pubbliche dal 2005 al 2014. E’ possibile innestare un cambio in Perù per superare la corruzione endemica, la fragilità dei partiti politici e la latente debolezza istituzionale?
MH: Secondo Transparency International, sette peruviani su dieci accettano la corruzione come un fatto connaturato alla vita pubblica e, nel tempo, si è popolarizzata l’espressione “roba pero hace obras” [“ruba ma fa opere pubbliche”, ndr]. Affinché avvenga un’inversione di rotta, deve trasformarsi la mentalità complessiva di un intero paese. Ciò può avvenire solo partendo dai cittadini, non certo da presidenti corrotti, parlamentari venduti agli interessi imprenditoriali, o da un potere giudiziario al servizio dell’amministrazione di turno. Oltre a una strategia di sensibilizzazione, per una presa di coscienza che deve soprattutto coinvolgere gli adolescenti e i giovani, bisogna creare nuclei di organizzazione sociale in ogni quartiere, per un controllo capillare della spesa pubblica. In Perù non esiste un sistema esaustivo di pesi e contrappesi. Il parlamento ha approvato una legge che prevede che la Corte dei Conti possa fiscalizzare tutte le istanze dello stato tranne il parlamento stesso. La preponderanza dei partiti ha incassato sovvenzionamenti da Odebrecht, o altre fonti illecite, e oggi assistiamo al loro funerale. E’ tempo di una rivoluzione democratica sociale che rivendichi una rifondazione delle istituzioni, protettrici del tornaconto di pochi, e l’eradicazione della corruzione, fra le cause della povertà e l’esclusione.
MP: Kuczynski ha indicato nel considerevole aumento dei lacci burocratici, che avrebbero rallentato le misure per la ripresa economica, il fallimento del proprio governo, e la caduta del Pil di 1.5% la sua principale delusione. Fino all’ultimo, si è dichiarato fiducioso di poter raggiungere accordi importanti con Keiko Fujimori, nonostante la disapprovazione per il suo operato a un anno dall’elezione fosse salita al 58 per cento, e l’80 per cento dei peruviani gli chiedesse modifiche nell’esecutivo. Qual è la tua valutazione del suo mandato?
MH: Peruvianos por el Cambio di Kuczynski ha vinto raschiando dal fondo del barile i voti del anti-fujimorismo. La nazione non si è mai sentita ispirata dal suo progetto e non ha mai guadagnato il supporto popolare. Kuczynski ha fondato un partito ed è diventato presidente senza essere né un lider né un politico; questa credo sia stata la sua grande debolezza e la ragione della sua caduta. Il governo ha espresso la sua inefficacia nel palese divorzio dalla vita e le aspirazioni della gente comune e non ha saputo concretare azioni per uno sviluppo condiviso.
MP: Il vice-presidente Martin Vizcarra, impresario e ambasciatore del Perù in Canada, per il meccanismo previsto dalla costituzione, ha prestato giuramento e presentato il nuovo esecutivo. Ci sono novità rispetto al precedente? Sarebbe stato meglio ricorrere alle urne come invocato da molti?
MH: L’applicazione senza intoppi del procedimento di successione è stato il meglio che potesse accadere. Sarebbe stata una catastrofe, se la presidenza ad interim fosse passata nelle mani del partito maggioritario [il partito di Keiko Fujimori, ndr] fino a nuovo suffragio. Infatti, nel caso in cui i due vice-presidenti si fossero dimessi, contestualmente a Kuczynski, la terza persona in linea sarebbe stata il presidente della camera, con l’effetto di un accentramento di potere nel parlamento e il gabinetto presidenziale. Spero che Vizcarra stipuli un patto con il popolo per il popolo, e per la sostenibilità economico-ambientale e la giustizia sociale, etnica e di genere. In primo luogo, mi auguro che lavori al di fuori delle reti della corruzione e non innesti di nuovo il patto diabolico con il fujimorismo con il solo scopo di mantenersi in sella.
MP: Il parlamento peruviano è composto da sei partiti, ognuno dei quali vive un profondo malessere interno: Fuerza Popular lacerato da una faida nel clan Fujimori; Peruvianos por el Cambio (il partito ha le iniziali di Kuczynski) nell’occhio del ciclone; Frente Amplio, della candidata presidenziale Verónika Mendoza, spaccato dalla defezione della metà dei suoi eletti; i capi storici del Partido Nacionalista Peruano (Ollanta Humala), il Partito Aprista (Alan García) e Perú Posible (Alejandro Toledo), indagati dalla giustizia. Cosa si profila per il futuro politico del Perù?
MH: I partiti tradizionali non possono essere resuscitati. Nuove generazioni di elettori informati e responsabili devono assumersi l’onere civile di dare forma a nuove esperienze a partire da visione, valori e programmi. Il Partito Pluralista del Perù [Hilario ne è ideatore e presidente, ndr] si trova lanciato in questa appassionante traiettoria.
L’intervista è stata tradotta ed editata dall’autrice dell’articolo.
Questa intervista è stata pubblicata dal quotidiano indipendente online di geopolitica e politica estera Notizie Geopolitiche.
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Con questa intervista l’autrice evidenzia la complessa situazione politica nel Paese sudamericano. La trovo interessante così come altre pubblicate all’interno di questo blog, perché portano alla nostra attenzione fatti e situazioni che accadono nel mondo che molto spesso non vengono riportati in Italia anche da siti o riviste di settore.