Sonita Alizadeh contro i matrimoni forzati

In una cultura dove il 57 per cento delle bambine e delle ragazze vengono obbligate al matrimonio e cedute all’offerta più alta, Sonita Alizadeh, afghana rifugiata a Tehran, si è ribellata alla propria famiglia quando a 16 anni hanno cercato di venderla per 9 mila dollari per permettere al fratello di corrispondere a sua volta una dote di 7 mila.  Era già stata promessa una volta a un uomo più anziano di lei all’età di 10 anni, ma il contratto non era stato fortuitamente concluso.

Nella popolazione mondiale attuale quasi 400 milioni di donne si sono sposate in minore età, secondo dati delle Nazioni Unite.  Sebbene le strategie nazionali per l’attuazione del Child Marriage Prohibition Act abbiano portato a un calo dell’incidenza del fenomeno, il ritmo è ancora troppo lento.  Il matrimonio forzato è una violazione dei diritti umani, ancorata in condizioni di povertà, norme consuetudinarie o religiose, e la percezione che questo procuri protezione e conservi “l’onore della famiglia”.

Al contrario, è una circostanza che compromette la crescita personale e lo stato di salute fisico e psichico.  L’abbandono scolastico delle spose bambine, le gravidanze precoci e indesiderate, e la violenza domestica, ne limitano le opportunità di inserimento nel mercato del lavoro, oltre a isolarle dalla società.  Nelle stime della mortalità complessiva, inoltre, risulta che fra i 10 e i 14 anni esistono probabilità cinque volte maggiori di perdere la vita durante la gravidanza e il parto.

Sonita Alizadeh ha canalizzato la sua rabbia nella musica ed è diventata una rapper.  Nel 2014 ha caricato su YouTube un video dal titolo “Spose in vendita”, dove protesta contro la pratica dei matrimoni precoci, nonostante il divieto del governo iraniano per le donne di cantare da soliste.  L’ispirazione per il volto emaciato che mostra nel video l’ha tratta dal racconto di un’amica.

Sonita si è anche rivolta all’organizzazione non governativa per la quale lavorava come addetta alle pulizie e il regista Rokhsareh Ghaem ha girato un documentario sulla sua vicenda che è diventata il simbolo di tante storie anonime di violenza.  Ghaem ha anche pagato 2 mila dollari alla madre, a sua volta sposa bambina a 13 anni, in cambio di un dilazionamento delle nozze.  “La musica rap mi ha permesso di raccontarmi agli altri. E’ una piattaforma per condividere le parole che sono nel mio cuore”, racconta la ragazza.

La Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze di quest’anno ha avuto come tema proprio quello dei matrimoni precoci e forzati, con un ambasciatore di eccezione nella persona dell’arcivescovo Desmond Tutu.  La combinazione di misure legali e di sostegno alle comunità, sono state identificate come chiave.  In particolare, la scolarizzazione obbligatoria, accompagnata da misure sanzionatorie, è una delle strategie verificate come più efficaci per evitare i matrimoni precoci.

Ed è una borsa di studio per studiare musica alla Wasatch Accademy dello Utah negli Stati Uniti ad aver  affrancato Sonita in maniera definitiva.  Oggi è un’attivista per i diritti delle donne afghane e testimonial di Girls Not Brides, rete globale composta da 800 organizzazioni della società civile, il cui obiettivo è quello di mettere fine ai matrimoni precoci e forzati.  La madre è diventata una sua grande fan.

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