Greenwashing in Kenya

Nella corsa per la riduzione delle emissioni Co2 ci si imbatte anche in modelli non consoni o poco trasparenti, in altri termini, operazioni di greenwashing o ecologismo di facciata. È il caso di un progetto di compensazione di carbonio che vende crediti dalle aree protette nel nord del Kenya e ricava profitti da territori indigeni. Gestito dal Northern Rangelands Trust (Nrt), in una regione abitata da oltre 100 mila Samburu, Borana e Rendille -pastori nomadi e guerrieri-, il Northern Kenya Grassland Carbon Project potrebbe generare oltre 500 milioni di dollari.

Il progetto, che annovera Meta e Netflix tra i suoi clienti, non solo non contribuisce alla lotta per il cambiamento climatico, ma viola i diritti umani dei popoli ancestrali. Si basa sullo smantellamento dei sistemi di pascolo tradizionali e la loro sostituzione con un sistema controllato a livello centrale, sul prototipo dell’allevamento commerciale. Impedendo la pratica della migrazione durante la stagione secca, mette a rischio la sicurezza alimentare delle tribù pastorali locali. 

Le lacune più gravi consistono nella base giuridica, ovvero il diritto della Nrt di possedere e, di conseguenza, commercializzare carbonio proveniente dai terreni interessati, e in quella tecnico-scientifica, in quanto non esistono argomentazioni attendibili sulla sua addizionalità di carbonio, principio fondamentale per la generazione di crediti. Secondo l’esperto Simon Counsell, autore di un rapporto sul progetto, questo non compie con il requisito di “uno scenario di riferimento credibile”, non è “in grado di misurare dispersioni di carbonio in altri territori” e “i meccanismi di monitoraggio dell’attuazione e degli impatti sono difettosi”. Per Counsell, “è scarsamente plausibile che i crediti di carbonio venduti dal progetto rappresentino un reale deposito addizionale di carbonio nel suolo dell’area.” 

In aggiunta, non sono state presentate prove convincenti sul fatto che la Nrt abbia informato in maniera adeguata le comunità autoctone o abbia ricevuto il loro consenso previo, come prevede il diritto internazionale. Il progetto, infatti, è stato socializzato solo dopo il suo inizio e con un numero ristretto di persone. Nel nome della mitigazione del clima, la Nrt, quindi, starebbe procurandosi lauti guadagni proprio a scapito delle popolazioni meno responsabili del riscaldamento globale.

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