La Bambina ripubblica un articolo di attualità
Afghanistan. Where is my name?
Il Toro e la Bambina, 11 febbraio 2018
Su twitter si può seguire e partecipare alla campagna #WhereIsMyName per rivendicare il diritto all’identità delle afghane. Lanciato alcuni mesi fa da un gruppo di giovani donne, l’hashtag viene tradotto nei dialetti locali per coinvolgere tutte a rompere il tabù più incomprensibile e umiliante imposto dalla tradizione tribale.
Secondo gli ultraconservatori, il nome delle donne sarebbe sacro, legato all’onore della famiglia; per questa ragione, impronunciabile in pubblico. Ne consegue l’abominevole negazione del diritto primario di essere chiamate con il proprio nome a scuola, sulle prescrizioni mediche, e, persino, sul certificato di nascita dei figli e la lapide funeraria. In cambio, vengono utilizzati pseudonimi fantasiosi che ne rivelano appieno la logica patriarcale: “la mia parte debole”, “la madre dei miei figli”, “la mia capretta”. Per gran parte della società afghana, le donne non sono dunque cittadine, ma proprietà di un padre, un fratello, o un marito, che ne gestisce corpo, faccia e nome.
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