Potenziando il suo futuro, potenziamo quello di tutti
Campagna “It’s a Girl’s World”, Park&Co., USA
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action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /web/htdocs/www.iltoroelabambina.it/home/wp-includes/functions.php on line 6121Blog di Geopolitica di Maddalena Pezzotti
Girls Not Brides, una partnership globale di oltre 1.400 organizzazioni della società civile, con la missione di porre fine ai matrimoni precoci, e creare condizioni affinché bambine e ragazze possano realizzare a pieno il proprio potenziale umano, tiene monitorata questa pratica che deruba del futuro e condanna a un presente di abusi. Le Nazioni Unite hanno incluso negli obiettivi di sviluppo sostenibile la fine dei matrimoni precoci per il 2030, ma anche se nel mondo si sta osservando un certo declino in percentuali e numeri assoluti, la tendenza non è ancora sufficiente per raggiungere la meta prefissa. Continua a leggere “Stop ai matrimoni precoci!”
Se un uomo sul lavoro è definito un capo, convincente, dedicato ai risultati, curato nell’aspetto, o elegante, le donne, spesso, nello stesso ambito e situazioni, sono invece additate come dispotiche, assillanti, egoiste, vanesie, e ostentatrici. Non lasciate che le etichette vi trattengano. Siate forti e splendete!
Le ragazze non possono farlo! Alle volte, lo senti dire; altre, lo percepisci. Le ragazze non sanno fare musica rock, non sono forti, non sono adatte al rap. Invece sì, le ragazze possono eccome! Possono rappare, gestire e avere imprese proprie. Devi solo essere te stessa. Forza ragazze, scavalcate il muro! Spaccate tutto, siate forti e prendetevi la scena. Rendete il mondo più semplice, fresco e bello!
Lavoratori e lavoratrici devono avere la stesso salario non solo se svolgono lo stesso lavoro, ma anche se il lavoro è di uguale valore. Continua a leggere “Stesso lavoro, stesso valore, stesso salario”
Scritta e interpretata da Vivir Quintana e Leticia Gallardo Martínez, in spagnolo e ayuujk (variante di Tlahuitoltepec, Messico) e suonata dalla banda femminile regionale “Donne del Vento Fiorito”. La banda venne fondata nel 2006 da 40 donne di diverse comunità indigene dello stato di Oaxaca. Canción sin miedo è diventata un inno contro la violenza sulle donne.
These Rebellious Iranian Women are Risking Arrest by Dancing on Streets
It's illegal for Iranian women to dance on the street… but that's not stopping them!
Pubblicato da Vocativ su Venerdì 29 giugno 2018
Queste donne che ballano rischiano la prigione perché stanno sfidando pubblicamente la legge iraniana sulla modestia nel comportamento. Un numero sempre maggiore condivide atti di ribellione sui social media, nonostante il pericolo incombente della polizia religiosa. La danza improvvisata in luoghi pubblici è l’ultima provocazione contro la severa legislazione iraniana che si aggiunge all’ondata di quante che non indossano il velo richiesto fuori casa. La protesta del capo scoperto ha portato ad arresti e chi balla potrebbe affrontare un destino simile, ma si spera che queste rivoluzionarie stiano aprendo strada a un futuro migliore per tutte e tutti.
Zehra Doğan è un’artista, giornalista e fotografa, nella Turchia di Erdoğan. E’ anche collaboratrice di Jinha, agenzia di stampa curda, ed è stata incarcerata per il suo lavoro di informazione e denuncia. Ha raccontato la realtà delle città assediate, mostrando la devastazione portata dai combattimenti tra l’esercito e i militanti curdi. Continua a leggere “Free Zehra Doğan”
Su twitter si può seguire e partecipare alla campagna #WhereIsMyName per rivendicare il diritto all’identità delle afghane. Lanciato alcuni mesi fa da un gruppo di giovani donne, l’hashtag viene tradotto nei dialetti locali per coinvolgere tutte a rompere il tabù più incomprensibile e umiliante imposto dalla tradizione tribale. Secondo gli ultraconservatori, il nome delle donne sarebbe sacro, legato all’onore della famiglia; per questa ragione, impronunciabile in pubblico. Ne consegue l’abominevole negazione del diritto primario di essere chiamate con il proprio nome a scuola, sulle prescrizioni mediche, e, persino, sul certificato di nascita dei figli e la lapide funeraria. In cambio, vengono utilizzati pseudonimi fantasiosi che ne rivelano appieno la logica patriarcale: “la mia parte debole”, “la madre dei miei figli”, “la mia capretta”. Per gran parte della società afghana, le donne non sono dunque cittadine, ma proprietà di un padre, un fratello, o un marito, che ne gestisce corpo, faccia e nome.
Aveva risposto all’appello di Masif Alinejad, attivista in esilio, di mostrarsi a capo scoperto – un crimine per le donne in Iran, ed è stata arrestata all’incrocio di due strade a Teheran, dove sventolava il suo hijab a maniera di bandiera bianca. Continua a leggere “Iran. My Stealthy Freedom”
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