L’Università Nazionale Interculturale dell’Amazzonia al centro della leadership indigena

Per raggiungere l’università si abbandona la striscia d’asfalto e le buche inghiottono il veicolo che ogni volta annaspa per riguadagnare il livello della strada. Nel fango carminio, mischiato dalle frequenti precipitazioni, il viaggio si fa ancora più azzardato. Nel 2014, venti ore di pioggia battente produssero un volume d’acqua maggiore a quello accumulato in dieci anni a Lima. Molti degli studenti arrivano dal fiume, sul lato opposto, dove le imbarcazioni a motore attraccano a un molo rustico.

Il ponderoso frontone di legno retto da alti pali dell’ingresso piantonato dalle guardie di sicurezza è un tentativo di delimitare uno spazio aperto per definizione. L’Università Nazionale Interculturale dell’Amazzonia (Unia) è in una porzione di fitta selva affacciata sulla laguna di Yarinacocha, un desvio a forma di “U” del fiume Ucayali , rimasto isolato dal suo corso, i cui due estremi vi si ricongiungono nella stagione umida. L’Ucayali, che presta il nome alla provincia, con oltre 2.600 chilometri di lunghezza, è uno dei principali del paese; dalla sua confluenza con il Marañón nasce il Rio delle Amazzoni.

Siamo a Pucallpa nella bassa foresta amazzonica peruviana, punto finale della provinciale 016, unica via di comunicazione terrestre, vitale per il trasporto di materie e prodotti , e una delle rotte del narcotraffico. Il manto incompleto e i frequenti assalti criminali ai mezzi pesanti, oltre al fatto che qui  la ferrovia non è mai arrivata, lasciano a Pucallpa la sua vocazione naturale di porto fluviale, collegamento fra città amazzoniche in Perù e sulla triplice frontiera con la Colombia e il Brasile. Sul fiume, spezzato da isole e canali, viaggiano merci, animali e passeggeri, mischiati a sacchi, casse e gabbie di diverse dimensioni. Gli esploratori conobbero la zona con il nome di may ushin che in shipibo, idioma dei suoi abitanti primigeni, significa “terra colorata”. La denominazione di Puka Allpa, dal quechua, parlato in Perù, Bolivia ed Ecuador, venne attribuita nel 1883, ma la traduzione è pressoché la medesima: “terra rossa”.

É un centro rumoroso, percorso da una moltitudine di autobus, motociclette, e tricicli a motore per il trasporto pubblico che sostituiscono i più costosi taxi, con un alto tasso di incidenti di transito. L’industria forestale, e l’estrazione del legno, rappresentano la maggiore fonte di reddito e impiego – il doppio della media nazionale -, nonostante la diffusa evasione fiscale delle grandi compagnie influisca sul deficit di crescita territoriale. Nel settore primario, si distinguono, inoltre, da un lato, la pesca del piraña e l’itticoltura di specie locali, dall’altro, la produzione di papaya e la commercializzazione di latte. Il suolo argilloso si dissolve con rapidità e non è apto per l’agricultura. Il settore secondario è occupato dalla decentralizzazione, iniziata nel 1970, del birrificio San Juan, le cui istallazioni sono state modernizzate nel 2005. L’attività turistica, nel settore terziario, punta a un impulso con la recente costruzione del primo hotel a cinque stelle, l’Ucayali River Hotel, che si trova già in funzionamento. In precedenza, l’industria dell’ospitalità contava con una qualificazione massima di tre stelle.

Parte del turismo culturale ruota intorno al culto dell’ayahuasca, bevanda impiegata dagli sciamani a effetto rituale, ceremoniale e terapeutico, alla quale vengono miscelate altre erbe medicinali, per differenti preparazioni e usi specifici. Il consumo genera stati allucinogeni che le guide spirituali, a seconda del rango, usano in riti di divinazione o curazione che possono arrivare a durare un’intera giornata. Nella lingua quechua, vuol dire “corda (waska) degli spiriti (aya)”, dove la waska permette allo spirito di fuoriuscire dal corpo senza morire. In shipibo, indica la “bevanda della sapienza”. ​L’uso dell’ayahuasca è protetto dall’articolo 2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco e, a petizione dei gruppi indigeni, dalla Risoluzione sul patrimonio culturale della nazione, emessa dal Perù nel 2008. Lo sfruttamento commerciale della banisteriopsis caapi  (ayahuasca), tuttavia, ha provocato una situazione in cui nell’attualità è difficile trovarla in forma silvestre.

Gli edifici amministrativi, educativi e residenziali, del campus hanno la struttura della maloca, l’abitazione degli aborigeni di Brasile, Colombia, Ecuador e Perù, utilizzata nei villaggi come dimora familiare o spazio comune per funzioni sociali. Il contorno può essere circolare, rettangolare od ovoidale; si sostiene con piloni e il tetto viene tessuto con foglie di palma. Un posto speciale trova la maloca della musica. Sebbene non sia una materia di studio, è stata predisposta con gli strumenti dell’Amazzonia per il ruolo che la musica e la danza occupano nella gnoseologia ancestrale. Nei riti tramandati, e le forme sincretiche moderne, vengono intonati canti che in shipibo si chiamano íkaros e, nel 2016, sono stati dichiarati patrimonio della nazione. Si tratta di litanie di carattere sacrale, a ripetizione ipnotica, che si dividono in varie tipologie e proiettano sempre tre dimensioni: energetica, sonora e semantica. Si dirigono alle entità che abitano i piani soprasensibili affinché trasmettano la conoscenza. Gli íkaros vengono accompagnati da danze a contenuto magico-religioso.

La biblioteca guarda alla laguna, sulle cui rive e quelle del fiume e dei sui affluenti, risiedono gli shipibo-conibo, dai quali ebbero inizio i centri abitati odierni a composizione demografica mista, e che ancora vivono in alcune comunità del tutto proprie. Dal patio antistante, malgrado l’inquinamento degli scarichi liquidi urbani, si avvistano esemplari di delfino rosa o gli sbuffi di acqua alti fino a due metri che emettono dall’orificio dorsale. Sono più piccoli di quelli marini, dai quali si  separarono durante il mioceno, all’incirca 15 milioni di anni fa. Nel folclore orale, il Boto produce incantesimi, e alle volte, emerge dal fiume in sembianza umana per condurre uomini e donne sul fondo, in una città stregata. Nelle pause delle lezioni, gli studenti sfidano la superstizione con viaggi in canoa verso un lembo di terra sospeso sull’acqua goliardicamente riferito come “l’isola dell’amore”. Un numero significativo di ragazzi e ragazze provengono da aree di difficile accesso nella foresta e, spesso, per i costi implicati, non fanno ritorno a casa per quattro o cinque anni consecutivi; alcuni si sposano o hanno figli, durante il corso di laurea.

La Unia venne costituita nel 2000, a seguito della mobilitazione e negozziazione dei notabili  shipibo-conibo, come un canale di promozione di educazione inclusiva, sviluppo socioeconomico e affermazione del sapere atavico. Le facoltà alle quali si può accedere comprendono la didattica bilingue iniziale e primaria, l’ingenieria agroindustriale, l’ingenieria agroforestale, con specializzazione in acquacoltura. Si trova in fase di approvazione la facoltà di farmacia e farmacología, anche se sono in esecuzione progetti di ricerca. Nella classifica nazionale, l’Università si trova nel blocco intermedio, in base ai criteri di valutazione stabiliti su scala mondiale. Si colloca in un contesto dove sono presenti altri due istituti di insegnamento superiore, uno statale – Università Nazionale del Ucayali -, e uno privato – Università Ali Peruviane. Nel primo riesce a iscriversi una percentuale molto bassa di nativi, benché non si arrivi a coprire i posti disponibili . In cambio, la Unia accoglie ben venti etnie, oltre a giovani di altra estrazione, con borse di studio e salari minimi per i casi di eccellenza.

Gli shipibo-conibo sono la società più numerosa dei 51 popoli originari amazzonici con circa 33.000 integranti, ripartiti in 140 centri, con nuclei familiari multipli e vita comunitaria organizzata. Gli scimmia (shipi)-aquila (koni), della familia linguistica pano, presenti nell’oriente peruviano da tre millenni, condivisero il territorio, terminando per fondersi. Gli shipibo si dipingevano la fronte, il mento e la bocca con una tinta naturale di colore nero, imitando le scimmie shipi. Vi si integrarono gli shetebo e i chancha, questi ultimi in fuga dalla pressione inca da nord. Altri, come i campas, i cashibos, i cocamas, e i piros, vennero dominati dalla loro superiorità numerica e bellicosità (i conibo praticavano l’antropofagismo). Queste pianure non furono mai completamente dominate dagli spagnoli, anche se le spedizioni missionarie, iniziate nel XVII secolo, prima con i francescani e i gesuiti, e poi con gli anglicani, ne conseguirono il controllo, attraverso l’evangelizzazione.

Le vicende che hanno condotto a formalizzare un’università di questa natura si iscrivono nella storia della resilienza e la capacità dei popoli autoctoni di conservare la propria identità, rinnovandosi. Gli obiettivi rispondono a una precisa visione di futuro che misura lo sviluppo con la cifra della pertinenza culturale e l’equilibrio ambientale, dove la conoscenza tradizionale offre soluzioni ai dilemmi della contemporaneità e opportunità di progresso scientifico e tecnologico. Le scelte operate rispetto all’offerta formativa rispondono a necessità concrete e opzioni reali nel mercato del lavoro, oltre a fornire il sustrato per una presenza professionale indigena qualificata e prestigiosa. L’orizzonte include il riconoscimento e l’applicazione di nozioni, competenze e pratiche, non solo come garanzia di continuità , ma di contributo all’innovazione in uguali condizioni con la cultura dominante, l’approvazione di patenti commerciali per materie prime e prodotti etno-manifatturieri, il finanziamento di bioimprese nelle nicchie della silvicoltura, la farmaceutica, l’alimentazione e la gastronomia, l’edilizia ecologica, l’artigianato e il turismo responsabile.

La Unia si distingue da altre realtà per la proposta concettuale in cui si ancora e la rivendicazione basata sulla plurinazionalità. La dialettica con le autorità e le comunità tradizionali è necessaria al paradigma epistemiologico, la sua ragion d’essere, efficacia, e persistenza istituzionale nel tempo. Per questo motivo, il lavoro accademico e pedagogico mantiene un saldo vincolo con il retroterra di presupposti, bisogni e aspirazioni, che ne costituiscono l’humus, e il 2 per cento dei fondi assegnati viene investito in programmi di sviluppo locale che hanno un impatto diretto nella vita delle persone. In aggiunta, la Unia svolge un ruolo di costruzione e consolidamento di leadership per l’arena politica in cui restano aperte le sfide della rappresentanza democratica, la partecipazione civica, l’incidenza nelle decisioni pubbliche, l’equità di accesso a diritti e benefici, l’interculturalità come metodología trasversale dello stato. Gli universitari, 1.600 prima della pandemia, si coordinano mediante cinque associazioni, che funzionano con risultati tangibili. Vale, anche, la pena di ricordare che gli shipibo-conibo, nel 2016, hanno espresso un candidato alla presidenza della repubblica del Perù.

 

Una versione di questo articolo è stata pubblicata da Solidarietà Internazionale, rivista bimestrale di fatti, storie e racconti dal mondo, del Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale (CIPSI).

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