Grandi momenti della storia: caduta del muro di Berlino

La notte fra il 9 e il 10 novembre 1989 cade il muro di Berlino, evento simbolico della fine di un’epoca, segnata dalla contrapposizione ideologica e geopolitica della guerra fredda.

Sebbene il mondo venga colto di sorpresa, i cittadini della Repubblica democratica tedesca (Rdt) dimostravano da mesi per chiedere un mutamento politico ed economico, sulla scorta della glasnost e della perestroika avviate in Unione Sovietica. Il Partito socialista unificato di Germania (Sed per la sigla in tedesco), formazione egemone che governò dal 1949, anno di fondazione della Rdt, fino alle elezioni del 1990, le prime tenutesi secondo un sistema democratico di tipo occidentale, aveva guadagnato la reputazione di essere uno dei partiti più intransigenti del blocco sovietico. Quando negli anni ottanta, Michail Gorbačëv avviò il processo di riforma, continuò a mantenere una linea ortodossa. Opposta al rinnovamento, ma allo stesso tempo incapace di arrestare un eventuale esodo della popolazione verso l’ovest, la Rdt era appesa a un filo. Il 18 ottobre, il segretario generale, Erich Honecker, in carica dal 1971, si era dimesso a causa del malcontento espresso dalle proteste per i diritti civili e dalla base dello stesso Sed. Fu sostituito da Egon Krenz, il quale non riuscì ad arrestare il collasso.

Il segretario del comitato centrale, Günter Schabowski, si rivolge ai giornalisti, poco prima delle 19:00 del 9 novembre, con una dichiarazione al margine di una conferenza stampa, nel corso della quale, in rappresentanza del Politbüro, aveva presentato una serie di cambi sostanziali nei confronti dell’Occidente. Si riferisce all’entrata in vigore di disposizioni sui movimenti all’estero delle persone. Il 6 novembre, infatti, sotto la pressione popolare, la dirigenza del Sed aveva reso nota la bozza di una legge in materia. Di questa, dapprima, si voleva implementare la parte riguardante l’espatrio senza diritto al ritorno. In seguito a sollevazioni a Lipsia, Berlino e altre città, fu rivista, e proprio quella mattina, venne aggregato un regolamento sulle visite. Nel futuro, si sarebbe rilasciato, quindi, un visto per viaggi privati, con facoltà di ritornare, senza requisiti particolari e breve tempistica amministrativa. Schabowski assume una posizione prematura, determinata da malintesi negli accordi interni. Annuncia, quindi, in maniera sintetica, che per uscire dalla Rdt non sono più necessarie le dichiarazioni dei motivi e dei rapporti di parentela, che fino ad allora venivano passate al setaccio, restringendo la libera circolazione, e che queste nuove condizioni vengono applicate senza indugio.

Schabowski, in maniera più precisa, doveva informare che, dal giorno successivo, si potevano richiedere dei permessi speciali, semplificati e rapidi, per entrare nella Repubblica federale tedesca (Rft). Incalzato dai reporter, aggiunge che la misura è applicabile “da subito”. Il telegiornale delle 20:00, della emittente nazionale della Rft, diffonde l’affermazione di Schabowski come la notizia più importante, con il titolo “La Rdt apre i confini”, e davanti ai posti di blocco verso Berlino Ovest, cominciano a raccogliersi sempre più berlinesi dell’Est, che hanno inteso di poter lasciare la Rdt senza alcun permesso, e che vogliono fare uso immediato di questa facoltà. Il muro era stato costruito, nell’agosto del 1961, per isolare le due parti della città. Concepito come un dispositivo militare, con impianti di sbarramento – torri di guardia, riflettori e filo spinato -, è stato la manifestazione fisica dell’incapacità dell’Occidente e dei sovietici di porre fine alla seconda guerra mondiale con un trattato di pace. Per le truppe di frontiera, che non hanno ricevuto alcuna istruzione, la situazione è all’inizio confusa.

Con l’obiettivo di diminuire la calca, le sentinelle al check point di Bornholmer Strasse lasciano transitare, alle 21:20, i primi gruppi della Rdt verso Berlino Ovest. Il comandante dell’unità addetta alla verifica dei passaporti fa, però, annullare con i timbri la validità dei documenti, privando della cittadinanza i proprietari, senza che costoro ne siano consapevoli. Verso le 23.30, l’assalto delle masse è diventato talmente grande che il comandante, ancora senza indicazioni ufficiali, fa alzare la barriera del confine. In circa ventimila superano, nelle ore successive, il ponte Bösebrücke senza controlli. Altri valichi, all’interno della città, vengono allentati nel corso della serata, e nei giorni dopo, si rinuncia a tutte le formalità. Nel periodo seguente, vengono disigillati sempre più passaggi, fino all’apertura della Porta di Brandeburgo, il 22 dicembre. Per la prima volta, in quasi trent’anni, si può camminare da un lato all’altro del muro in libertà e il lungo dopoguerra della Germania arriva al termine. Il 1 dicembre, il parlamento della Germania Est, Volkskammer, votò l’abrogazione della norma costituzionale che sanciva il ruolo guida del Sed, mentre negli ultimi mesi del 1989 circa 900 mila membri lasciarono il partito. L’intero Politbüro diede le dimissioni il 3 dicembre e i suoi membri furono espulsi dal comitato centrale, il quale a sua volta si dissolse, sostituito da un “gruppo di lavoro”. La demolizione del muro ebbe luogo tra giugno e novembre 1990.

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