Capire la geopolitica: Yves Lacoste

Il ritorno in auge della geopolitica, dagli anni settanta in avanti, è stato promosso dal lavoro degli studiosi Yves Lacoste (1929), Gérard Dussouy (1945) e Gertjan Dijkink (1969), e determinato dall’evoluzione dell’analisi empirica. Fu il francese, Yves Lacoste, a combinare i fondamenti della geografia e della storia e, invece di creare una teoria geopolitica, si concentrò sulla definizione di una metodologia.

Nel 1976, uscì un suo libro, che scosse l’accademia francese, dal titolo “La geografia: un’arma per la guerra”. La tesi centrale sosteneva che la geografia è conoscenza politica e strategica, centrale alla strategia militare e l’esercizio del potere. In una pubblicazione  precedente, “La geografia del sottosviluppo”, aveva fornito una spiegazione spaziale al ritardo e le lacune del progresso socioeconomico. Lo stesso anno, fondò il giornale di geopolitica Hérodote, di cui è coeditore con Beatrice Giblin, e il direttore dell’istituto francese di geopolitica, dell’Università di Parigi VIII. Lacoste aveva ottenuto fama internazionale nel 1972, durante la guerra del Vietnam, al diffondere un’analisi spaziale forense dei bombardamenti statunitensi nel delta del fiume Rosso, confermando la denuncia del governo del Vietnam del Nord, che asseriva l’esistenza di un attacco sistematico di Washington all’infrastruttura idrica, con lo scopo di provocare drammatiche inondazioni, e la deliberata uccisione in massa di civili, ossia la perpetrazione di un crimine di guerra. 

Lacoste ha giocato un ruolo importante nel reintrodurre il termine geopolitica nelle lingue francese e inglese, dopo che era stato intaccato dalla sua associazione con il regime nazista, a opera del geopolitico Karl Haushofer. Focalizzandosi sulle dimensioni spaziali degli affari esteri e interni, definisce la geopolitica come lo studio delle rivalità in un’area specifica, sul piano globale, continentale, nazionale, regionale e locale (includendo le aree urbane), e del dispiego delle forze presenti nel contesto. Per Lacoste, la geografia contiene la possibilità di esaminare i fatti politici, combinando differenti strumenti di ricerca, che catturano la complessità degli spazi, le loro interazioni, a partire da dati idrografici, geologici, climatici, ecologici, demografici, economici, sociali, linguistici, religiosi, e storici. In tale visione, la topografia e le risorse naturali, dialogano con la vita delle comunità, le autorità che riconoscono e quelle a cui si oppongono, a partire dalle narrative che, a ragione o a torto, si raccontano, e le paure e le proiezioni che hanno rispetto al loro passato distante o recente o il prossimo futuro.

Il suo approccio si caratterizza per un tratto distintivo: l’uso della cartografia, nella forma di quello che definisce diatopes, ovvero un tipo di indagine basato sulla sovrapposizione di mappe di diverse scale (dal topico al planetario), che concettualmente hanno il valore della diacronia temporale per gli storici. Mediante tale procedimento, Lacoste ha prodotto classificazioni spaziali per l’analisi delle intersezioni risultanti e gli aggruppamenti regionali, e ordini di magnitudine per l’osservazione del mondo, anche tenendo conto della velocità delle mutazioni per effetto della globalizzazione. Il problema intrinseco alla lettura multiscala risiede nell’articolazione delle stesse e la maggiore mutevolezza degli strati intermedi. Ad ogni modo, in corrispondenza di ogni livello, o segmento di realtà, percepiamo gli eventi in maniera distinta, e solo certi fenomeni possono essere esaminati con accuratezza, pertanto è sempre necessaria una comparazione fra tutti. 

Il ragionamento geopolitico, secondo Lacoste, si muove, in forma implicita o esplicita, da rappresentazioni, create e perfezionate per l’affermazione e il consolidamento del potere. Le lotte intorno a un territorio avvengono fra attori che orchestrano l’uso della forza su rivendicazioni di diritti storici e idee di nazione e popolo, imbevute di valori e tradizioni. Pertanto, una seria considerazione di ognuna delle posizioni, a vario grado, contradditorie, e della loro distanza e complementarietà, è parte fondamentale del metodo.

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