Pillole: Lega araba

Organizzazione costituita al Cairo, nel 1945, da Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Libano, Siria e Yemen del Nord, con l’obiettivo di coordinare azioni di politica estera e promuovere la cooperazione culturale nel mondo arabo.In seguito sono entrati a farne parte Libia (1953), Sudan (1956), Tunisia e Marocco (1958), Kuwait (1961), Algeria (1962), Yemen del Sud (1967), Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Oman e Qatar (1971), Mauritania (1973), Somalia (1974), Palestina (1976), Gibuti(1977), Isole Comore (1993). Sono stati ammessi come osservatori l’Eritrea nel 2003, il Venezuela nel 2006 e l’India nel 2007.

Al momento della fondazione, si proponeva di favorire la liberazione dei paesi arabi non ancora indipendenti e impedire la creazione dello stato ebraico in Palestina. La questione palestinese è rimasta il nodo focale di convergenze e dispute, e la pace firmata con Israele, prima dall’Egitto, nel 1979, poi dalla Giordania, nel 1994, determinò una significativa incrinatura nella sua unità. Per dieci anni, dal 1979 al 1989,  l’Egitto fu sospeso dalla Lega e, per lo stesso motivo, dal 1979 al 1991, la sede fu trasferita a Tunisi.

Nel 1993, l’organo supremo, rappresentato dal Consiglio, espresse approvazione agli accordi di Oslo tra Israele e l’Olp e, pur deplorando l’irresolutezza di Israele nel rispettare gli impegni assunti, e la sopraffazione nei confronti della popolazione palestinese, la Lega si allineò sulle posizioni moderate del presidente egiziano Hosni Mubarak, al potere dal 1981 al 2011. Nel 2002, nel corso del vertice di Beirut, fu approvato un piano, ispirato dall’Arabia Saudita, secondo il quale i paesi arabi si sarebbero impegnati a costruire relazioni diplomatiche con Israele, in cambio del ritiro dai territori occupati dal 1967, e l’accettazione di uno stato palestinese indipendente in Cisgiordania e Gaza. Il governo israeliano, però, ignorò l’iniziativa.

In seguito all’invasione irachena del Kuwait, si creò una grave crisi nei rapporti fra i paesi membri. La maggioranza, tuttavia, era favorevole e predispose l’invio di truppe in Arabia Saudita, al fianco della forza multinazionale. Nel marzo 2003, con l’eccezione del Kuwait,  la Lega condannò l’intervento militare angloamericano in Iraq, mentre le piazze si infiammavano contro gli Stati Uniti.

Nonostante l’attivismo del segretario Amr Moussa, nominato nel 2001, il protagonismo politico si venne ridimensionando, sia per le divisioni interne, sia per la crescente marginalizzazione della questione palestinese nello scenario mediorientale e internazionale. In occasione della crisi libanese nel 2006, e l’attacco israeliano a Gaza nel 2008, fu confermata la spaccatura tra i paesi alleati di Washington, guidati da Egitto e Arabia Saudita, e i 13 paesi vicini alle posizioni del presidente siriano Bashar al Assad, il quale nel vertice di Doha del 2009 chiamò il mondo arabo alla rottura diplomatica con Israele e a sostenere la lotta di Gaza.

Nel tentativo di aprire un fronte internazionale, per ottenere visibilità e supporto al suo operato, la Lega araba cercò una stretta collaborazione con l’Unione africana, di cui si fece interprete principale il leader libico Mu’ammar Gheddafi, promuovendo iniziative comuni e accordi economici. Nei decenni tra la fine del XX secolo e l’inizio del nuovo, si dovette confrontare con difficili sfide, fra cui il terrorismo islamista, l’aggressiva politica estera del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, e le rivoluzioni che nel 2011 rovesciarono i regimi in Tunisia ed Egitto, provocando un’ondata di rivendicazioni in tutto il mondo arabo. In più occasioni, l’allora segretario Moussa, invitò gli esecutivi ad accogliere le istanze di democratizzazione provenienti dalla società civile e le opposizioni, condannando la violenta repressione della protesta popolare in Libia, Siria e Yemen.

Nel 2011, venne adottata una risoluzione per  sospendere la Siria, fino a che non fossero applicate le misure di uscita dalla crisi approvate in seno al Consiglio. Vennero, inoltre, ritirati gli ambasciatori e imposte sanzioni economiche e politiche. L’opposizione siriana fu invitata al Cairo per trovare un accordo di transizione. Damasco giudicò la sospensione illegale, in quanto contraria allo statuto, e dichiarò che fosse subordinata ai programmi di Washington e l’occidente.

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