Principi di condotta militare: Umanità
Nonostante la complessità del corpus, costituito da norme convenzionali e consuetudinarie, e il dinamismo del contesto evolutivo, volto ad ampliare la protezione delle parti deboli e a mitigare le sofferenze derivanti da situazioni di conflittualità armata, il diritto internazionale umanitario si impernia su pochi principi fondamentali. Questi non sono presentati in maniera esplicita da alcun testo convenzionale, ma sono stati richiamati dalla Corte internazionale di giustizia in più occasioni e definiti, a seconda dei casi, “considerazioni elementari di umanità”, “principi generali”, “principi cardinali”. Nella fattispecie, sono il principio di umanità, il principio di distinzione e il principio della limitazione dei mezzi e metodi di combattimento. Vanno aggiunti il principio di proporzionalità e il principio di precauzione, che possono essere considerati corollari al principio di distinzione.
Il principio di umanità si indirizza alla popolazione civile, e coloro che non possono più combattere perché malati, feriti, naufraghi, prigionieri, o perché si sono arresi, purché si astengano da atti ostili e non tentino la fuga. Le persone che non partecipano, o non partecipano più, alle ostilità devono essere rispettate e trattate con umanità, senza discriminazione alcuna. Devono essere protette contro la tortura e contro gli atti di violenza. In caso di procedimenti giudiziari avviati nei loro confronti, devono beneficiare delle garanzie del giusto ed equo processo. Il principio di umanità permea tutto il diritto internazionale umanitario ed estende la tutela anche nei confronti dei combattenti, con il divieto di arrecare mali superflui e sofferenze inutili.
La convergenza tra diritti umani e diritto internazionale umanitario è assicurata proprio dal principio di umanità, di cui è prova l’art. 3, di natura consuetudinaria, comune alle convenzioni di Ginevra e l’art. 75 del I Protocollo aggiuntivo alle convenzioni, che gran parte della dottrina considera una mini convenzione a sé stante. È, altresì, evidente nella repressione dei crimini commessi nel contesto di conflitti armati che rappresentano fattispecie criminose che contemporaneamente concretano ipotesi sia di crimini di guerra sia di crimini contro l’umanità. Molti di questi, infatti, sono perseguibili come violazioni delle norme dei diritti umani e di quelle del diritto internazionale umanitario: genocidio, omicidio intenzionale, trasferimenti forzati, tortura, stupro, gravidanza forzata e altri reati di violenza sessuale. Ciò avviene in quanto diritto internazionale umanitario e diritti umani condividono non solo un nucleo di diritti non derogabili, ma anche il comune scopo di proteggere la vita e la dignità umana.
Inoltre, i diritti umani stabiliscono che la privazione di una vita umana può essere giustificata, anche in una situazione di conflitto armato, solo quando “assolutamente necessaria”. I giudici ne stabiliscono la portata sulla base dei principi fondamentali del diritto internazionale umanitario e sulla valutazione del modo concreto con cui sono state dirette e condotte le operazioni militari e le eventuali violazioni dei principi di distinzione, proporzionalità, precauzione. Tale convergenza è anche confermata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, quando è stata chiamata a giudicare in un contesto di ostilità, non specifico di guerra, o di emergenza nazionale, ai sensi dell’art.15 della Convenzione europea, ha utilizzato in via indiretta i principi del diritto internazionale umanitario, allo scopo di determinare il significato di alcune disposizioni sui diritti umani.
Diritti umani e diritto internazionale umanitario, pertanto, si integrano, nel senso che i diritti umani possono essere interpretati alla luce dei principi generali del diritto internazionale umanitario e viceversa. Ad esempio, il diritto internazionale umanitario condanna la presa d’ostaggi o la tortura, ma non prevede una definizione di tali crimini, rinvenibili invece nelle norme sui diritti umani (Convenzione sulla presa d’ostaggi del 1979 e Convenzione contro la tortura del 1984). La legalità della condotta delle operazioni militari, quindi, si confronta con l’esigenza di tutela internazionale dei diritti umani e i precetti della pubblica coscienza. La condotta bellica non può considerarsi senza limiti: deve sottostare a questi principi di diritto positivo e naturale.
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano indipendente online di geopolitica e politica estera Notizie Geopolitiche.
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