Chi è il nemico in Siria?

Parliamoci chiaro.  Le armi chimiche c’entrano poco.  Negli ultimi sette anni, sono state impiegate, indiscriminatamente, sia dall’esercito siriano, sia dai suoi antagonisti – una parte di questi sostenuta dagli americani, i quali in più occasioni hanno preferito non intralciare l’Isis pur di mettere i bastoni fra le ruote a Damasco.  E nessuno ha fatto nulla che potesse cambiare la situazione, a parte qualche gesto isolato e plateale.  In questi giorni, Israele sta usando gas nocivi sui dimostranti palestinesi, ma è improbabile che Stati Uniti, Regno Unito e Francia, lancino un’operazione congiunta.

Il punto non è se ci siano le prove o meno di raid chimici.  La domanda da porsi è perché intervenire quasi a conclusione del conflitto?  Forse qualcuno era rimasto fuori dai negoziati di pace di Astana, guidati dall’asse Russia-Iran?  Il tentativo di riguadagnare un posto nel giro di affari che accompagnerà la ricostruzione della Siria getta un’ombra anche sulle migliori intenzioni.  Chi sarebbe poi il vero nemico?  Damasco o Mosca?  O Teheran?  Dopo l’attacco missilistico al centro di ricerche di Barzeh, Israele ha ammesso il bombardamento della base iraniana di Tayfun in Siria della scorsa settimana, convergente con gli interessi americani.  Intanto Washinton ha approvato l’applicazione di un irrobustito impianto sanzionatorio contro la Russia e, dal canto suo, l’Unione Europea ha prorogato le proprie.

Lo scontro per procura tra Arabia Saudita e Iran, consumatosi in Siria, con incursioni programmate e continue di Israele, è inoltre teatro della guerra fredda del ventunesimo secolo (leggi anche Medio Oriente, il ruolo di Arabia Saudita, Iran e Stati Uniti,  Siria. La pantomima della linea rossa e La Nato e le sfide contemporanee della sicurezza mondiale).  Il tentativo di sottrarre alla Russia la veste di mediatore nei grandi scenari geopolitici mondiali è evidente, ma lo stesso pone a rischio la stabilità del medio oriente, senza l’esistenza di alcuna soluzione duratura, e palesa gli Stati Uniti come un gigante dai piedi d’argilla e tutta l’ipocrisia dei suoi alleati.

Le Nazioni Unite ne risultano vandalizzate.  L’Europa brancola fra dichiarazioni che tengono un piede in due scarpe e qualche irrilevante sussulto d’orgoglio.  In questo vuoto, Macron, in difficoltà a casa propria, si catapulta in un rilancio diplomatico che non tiene conto dell’Unione.  I governi, da Londra a Roma, fanno la guerra facendola passare per pace e senza consultare il parlamento, allegando situazioni di eccezionalità.  Il sottomarino nucleare statunitense John Warner, che ha partecipato all’attacco in Siria con il lancio di sei missili Tomahawk, era in rada a Napoli prima degli eventi di Duma, che hanno scatenato la reazione di Stati Uniti, Regno Unito e Francia.  Chiamato in servizio in quanto già in zona per l’esercitazione Nato Dynamic Manta o previamente posizionato per un’azione dove le armi chimiche sono solo un pretesto?

 

Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista online dell’associazione politica Liberi Cittadini.

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